(di Franca Maria Vanni) Nel 1789, quando cominciò la Rivoluzione francese, le casse dello Stato erano vuote ed il debito pubblico consisteva in una somma compresa tra i 4 e i 5 miliardi di livres causato in gran parte dai costi della guerra contro l’Inghilterra in appoggio alla rivoluzione americana e dall’impossibilità di aggiungere ulteriori imposte. A questo si aggiungeva la necessità di nuove spese come il massiccio acquisto di grano per fronteggiare la carestia che aveva investito la Francia l’anno precedente. Per cercare di risolvere questa situazione Charles Maurice Talleyrand nella seduta dell’Assemblea Nazionale del 10 ottobre 1789 propose di confiscare i beni ecclesiastici, nazionalizzarli e metterli all’asta. Egli infatti dichiarò che detti beni non erano stati donati al clero, ma alla Chiesa che altro non è che l’insieme dei fedeli, ovvero la Nazione stessa.
Poiché la vendita totale dei beni nazionali non poteva essere immediata e la bancarotta dello Stato era prossima, l’Assemblea Nazionale con la legge del 2 dicembre 1789 stabiliva… (Segue)

 

Questo articolo verrà pubblicato interamente su”AIC Magazine” Anno IV, N.7, di prossima pubblicazione.

 

 

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