Uno dei più importanti temi che l’umanità dovrà affrontare, collegato al clima e alle risorse disponibili, è il sovrappopolamento e con esso la conseguentemente la necessità di riuscire a sfamare tutti gli abitanti del pianeta.
Attualmente gli abitanti della terra sono circa 8 miliardi, ma le previsioni dell’ONU indicano che saranno più di 9 miliardi di abitanti nel 2050.
Il processo in atto si preannuncia articolato e complesso, perché molte sono le variabili in campo, emissioni, clima, risorse, cura del territorio, comportamento delle varie nazioni, politiche comunitarie, politiche finanziarie ed economiche, ecc.
Nel settore dell’alimentazione, tramite la ricerca di un equilibrio fra tradizione, creatività e innovazione, si persegue l’ambizioso obiettivo di trovare il modo tramite il quale tentare di garantire un’alimentazione sana e di qualità per ogni essere umano, per eliminare la fame, la sete, la mortalità infantile e la malnutrizione, che colpiscono oggi circa 1 miliardo di persone nel mondo.
A questo proposito mi sembra opportuno riscoprire, come esempio virtuoso, almeno nelle intenzioni, una interessante vicenda socio, politica e agricola, che il nostro paese ha vissuto dal 1861, subito dopo l’Unità d’Italia, fino al 1919, una vicenda inerente allo strategico settore agricolo e in particolare il credito ad esso concesso dal sistema bancario.
Torniamo con la nostra immaginazione a quegli anni, solo da poc0 tempo si era costituito il Regno d’Italia e la nostra nazione, al contrario della più sviluppati paesi del Centro Europa, aveva una popolazione molto indigente. L’economia italiana era fondata sull’agricoltura che si basava sul latifondo, un sistema di divisione del terreno agricolo in singole pezzature di grande estensione, dai 100 fino ai 10.000 ettari e oltre, coltivato a culture estensive spesso alternate a pascolo.
Il sistema latifondista affonda le sue radici storiche nel feudalesimo e nell’economia curtense.
Il proprietario del latifondo, spesso un nobile o un signore del luogo, si curava solo di avere una buona rendita dal suo terreno, dato da coltivare al contadino, il quale ci ricavava i beni alimentari di sussistenza, mentre la quota principale della produzione andava al proprietario che, soddisfatti i bisogni alimentari della sua famiglia, ne vendeva l’eccedenza.
Il latifondista non aveva nessun interesse nell’investire sul sistema agricolo corrente e questo atteggiamento, relegava l’agricoltura applicata a sistemi vetusti scarsamente efficienti.
Negli anni successivi giunsero dall’Inghilterra, notizie che riferivano di strabiliante rendimento agricoli, triplicati solo grazie all’aumentata fertilizzazione tramite la concimazione minerale; mentre in Italia si utilizzava esclusivamente la concimazione tramite i residui organici prodotti all’interno del latifondo.
Tali notizie fecero presto il giro dei piccoli e grandi proprietari terrieri, in modo particolare i piccoli che non avendo a disposizione i capitali per innovare…(Segue) 

Questo articolo verrà pubblicato interamente su”AIC Magazine” Anno IV, N.8, di prossima pubblicazione.

 

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